Tuesday 30 December 2025 - 21:16
La nuova spartizione dell’Africa tra controllo delle risorse, terrorismo strumentale e ingerenze esterne

Zakzaky: «Il nostro appello è rivolto ai governanti che, in cambio di denaro e potere, uccidono il proprio popolo. Sappiate che, quando il vostro compito sarà terminato, gli stessi che vi hanno impiegato vi elimineranno, come fecero con Saddam e Gheddafi».

Agenzia Hawzah News – Negli ultimi giorni diversi media africani hanno riproposto ampi estratti di un discorso di Sheikh Ibrahim Zakzaky, religioso sciita imamita nigeriano e leader del Movimento Islamico in Nigeria (Harkar Musulunci), pronunciato il 24 maggio 2014 a Zaria (25 Rajab 1435) in occasione della commemorazione dello Yawm al-Shuhadāʾ (“Giornata dei martiri”), riportando all’attenzione un intervento che continua a suscitare dibattito per la sua lettura critica delle dinamiche politiche e geopolitiche del continente africano.

Il testo, diffuso originariamente in lingua hausa attraverso i canali mediatici del movimento, viene oggi riproposto come una chiave di lettura anticipatrice delle dinamiche che avrebbero segnato, negli anni successivi, ampie aree del continente africano. La sua rinnovata circolazione ha riacceso il dibattito sul ruolo delle potenze occidentali in Africa e sull’impiego della retorica della lotta al terrorismo come strumento di intervento politico e militare.

Nel suo discorso, Zakzaky sostiene che l’Africa è entrata in una fase di occupazione indiretta, definibile come una “seconda spartizione del continente”, distinta dal colonialismo classico ma non meno incisiva nelle sue conseguenze. In questa prospettiva, il controllo si esercita non più attraverso l’annessione formale dei territori, bensì tramite instabilità pilotata, conflitti armati interni e la comparsa di gruppi presentati come jihadisti, utilizzati per legittimare interventi esterni e una presenza militare permanente.

Zakzaky richiama esplicitamente il precedente storico della Conferenza di Berlino del 1884-1885, durante la quale le potenze europee si spartirono l’Africa su base coloniale. A suo avviso, quello stesso schema è oggi nuovamente in atto in una forma aggiornata: non più confini tracciati sulle mappe, ma esercizio dell’influenza militare, sostegno a governi alleati e controllo diretto delle risorse naturali.

Nel testo vengono richiamati diversi casi presentati come emblematici. La Libia è indicata come il primo banco di prova di questa strategia: la caduta di Muammar Gheddafi e il conseguente collasso dello Stato hanno aperto la strada, ricorda Zakzaky, al controllo esterno delle risorse petrolifere, in particolare del cosiddetto sweet crude. Una lettura analoga viene applicata al Mali, dove l’intervento francese, formalmente giustificato dalla minaccia jihadista, risponde in questa prospettiva all’interesse per la presenza di rilevanti giacimenti auriferi.

Anche la Repubblica Centrafricana, il Sud Sudan e la Nigeria vengono inseriti, in questa lettura, in un medesimo disegno geopolitico, legato allo sfruttamento di oro, diamanti, uranio e altri minerali strategici, nonché alle dinamiche di contenimento tra potenze globali concorrenti.

Netto e inequivocabile è il giudizio espresso su Boko Haram, che nel discorso viene presentato come un fenomeno artificiale, costruito e strumentalizzato da apparati di potere interni ed esterni per fini politici e strategici. In questa chiave di lettura rientra anche il rapimento delle studentesse di Chibok, interpretato come parte di un dispositivo mediatico e politico volto a generare indignazione internazionale e a creare le condizioni per un rafforzamento della presenza e dell’ingerenza straniera nel Paese.

Un passaggio centrale del discorso è dedicato alla denuncia delle élite africane collaborazioniste, descritte come classi dirigenti disposte a sacrificare le proprie popolazioni in cambio di denaro, incarichi e protezione politica. Zakzaky avverte che questo tipo di alleanza è, per sua natura, precaria e strumentale, e conduce inevitabilmente a un epilogo tragico per gli stessi governanti coinvolti. A sostegno di questa tesi richiama i casi di Saddam Hussein e di Muammar Gheddafi, indicati come esempi emblematici di leader eliminati dai loro stessi sponsor internazionali una volta venuta meno la loro utilità strategica.

La ripubblicazione di questo intervento si colloca nel contesto della sua diffusione attraverso i canali mediatici del movimento e attraverso piattaforme religiose e politicamente impegnate che ne hanno preservato e rilanciato il contenuto nel tempo. Il discorso va dunque letto come un testo politico e ideologico coerente, pronunciato in un preciso contesto storico e militante, la cui rilevanza risiede nella capacità di offrire una chiave di lettura organica delle dinamiche africane contemporanee, distinguendo il piano della denuncia politica e dell’interpretazione strategica da quello della ricostruzione storico-fattuale in senso stretto.

Nel suo insieme, il discorso di Sheikh Ibrahim Zakzaky si configura come una chiave di lettura organica, coerente e militante dei conflitti africani contemporanei, capace di dare voce a un diffuso sentimento anti-coloniale e a una profonda sfiducia nei confronti dell’ordine internazionale dominante. La sua rinnovata circolazione dimostra come, a oltre un decennio di distanza, le questioni della sovranità, del controllo delle risorse naturali e delle ingerenze esterne continuino a occupare un ruolo centrale e irrisolto nel dibattito politico e strategico sul futuro del continente africano.

A cura di Mostafa Milani Amin

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