Agenzia Hawzah News — L’Ayatollah Hajj Sheikh Javad Marvi, in chiusura della lezione di fiqh tenuta in prossimità delle giornate commemorative di Fatimiyya (periodo di commemorazione per il martirio di Fatima Zahra, pace su di lei), ha ribadito che tutte le virtù degli sciiti derivano dall’Imamato. La celebrazione di Fatimiyya, ha spiegato, è difesa di questo principio costitutivo dell’identità sciita, e non vi sarà mai alcuna rinuncia né nell’onorarne la ricorrenza né nello spiegarne il significato.
La scuola sciita possiede prerogative particolari. Ogni giorno gli avvenimenti che si verificano fanno sì che l’attenzione verso questa scuola cresca ulteriormente e che vengano sollevate domande sulle sue caratteristiche e sui motivi dei risultati conseguiti. In particolare, nell’ultimo anno e dopo la guerra dei dodici giorni, l’interesse per questa scuola si è diffuso in tutto il mondo — dal Sud‑est asiatico ai Paesi arabi, dall’Europa all’Oceania — e ovunque si pone la stessa domanda: quali sono le prerogative di questa scuola che hanno reso possibili tali importanti risultati?
Secondo Marvi, l’imamato rappresenta la caratteristica eminente della dottrina sciita. Fatimiyya non è soltanto un rito devozionale, ma la riaffermazione di un principio teologico e identitario che ha plasmato la storia e la coscienza della comunità sciita. Difendere e spiegare Fatimiyya significa difendere e spiegare l’imamato; per questo la sua diffusione e la sua corretta interpretazione restano prioritarie.
L’Ayatollah Marvi ha indicato i due storici sermoni di Fatima Zahra, pace su di lei, come fonte primaria per comprendere le ragioni dello sviamento dalla retta guida. Ha ricordato come gli autori classici abbiano attribuito grande valore a questi testi e ha invitato a una loro lettura attenta, sottolineando che il sistema dell’imamato sciita — anzi, l’imamato islamico nel suo insieme — fu interrotto e sostituito dal califfato, infliggendo un colpo non solo alla comunità islamica ma all’intera umanità. Ancora oggi, ha ammonito, questo percorso deviato continua a minare l’identità islamica.
Marvi ha insistito sulla necessità di un’analisi storica rigorosa, capace di mostrare come la deviazione dalla guida degli Ahl al-Bayt abbia danneggiato la comunità islamica. Ha escluso qualsiasi intento offensivo verso le sensibilità altrui, ma ha ribadito l’urgenza di un’esegesi che non taccia i fatti e che permetta di comprendere le conseguenze istituzionali e culturali del sopravvento di modelli alternativi.
Il religioso ha richiamato i divulgatori e gli studiosi della tradizione sciita alla misura e alla sapienza nell’esporre le verità dottrinali. La trasmissione dei testi sacri e delle verità della wilāyah deve avvenire con linguaggio appropriato e metodo persuasivo, evitando toni che possano generare reazioni strumentali o conflitti emotivi. Ha ricordato l’esempio del Principe dei credenti Ali, degli Ahl al‑Bayt, della loro discendenza e dei sapienti sciiti, i quali, nella diffusione delle verità della scuola, sceglievano con cura tempi e modi, evitando parole che potessero offrire pretesto al nemico e presentando i contenuti in modo che fossero comprensibili a tutti.
L’Ayatollah Marvi ha infine invitato a custodire e valorizzare i due preziosi sermoni della Figlia del Profeta, Fatima Zahra (pace su di lei), riaffermare il ruolo centrale dell’imamato e promuovere una missione d’insegnamento che unisca fermezza dottrinale e saggezza comunicativa. Ha concluso invocando protezione e benedizioni divine sul santo Profeta Muhammad e sulla sua immacolata Progenie.
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