Sunday 26 October 2025 - 08:22
Come si comportava il Profeta dell’Islam con i giovani?

Il docente seminarista ha sottolineato che, per entrare in relazione con un giovane, occorre anzitutto individuare un punto luminoso nel suo carattere — esteriore o interiore — confermarlo, e poi, secondo la condotta del Profeta, orientarlo verso una trasformazione virtuosa.

Agenzia Hawzah News – Il docente seminarista Hujjat al-Islam wal-Muslimin Mohammad Mahdi Mandegari, intervenendo all’ottavo incontro del ciclo scientifico «Risposte ai dubbi sulla condotta del Profeta dalla nascita alla missione», trasmesso ogni sabato dal Centro studi e risposte alle obiezioni attraverso la televisione internet “Pasokh”, ha analizzato il tema dell’«interazione empatica con i giovani nella condotta del Messaggero di Dio (S)».

Mandegari ha citato la parte iniziale del versetto 20 della Sura al-Hadid, in cui Dio descrive cinque caratteristiche della vita mondana — gioco, svago, ornamento, vanto e accumulo — spiegando che ciascuna di esse corrisponde a una fase della vita umana: l’infanzia, la giovinezza, la maturità e la vecchiaia.

Egli ha sottolineato che il Profeta (S), inviato nella società della jahiliyya (epoca dell’ignoranza pre‑islamica) e in condizioni estremamente difficili, è riuscito a formare individui che sono divenuti modelli per l’umanità.

Mandegari ha poi illustrato i tre pilastri fondamentali del metodo profetico nei confronti dei giovani: conferma, trasformazione e correzione. Ha spiegato che, per entrare in relazione con un giovane, occorre anzitutto individuare un punto positivo nel suo carattere, confermarlo e poi, seguendo la condotta del Profeta (S), orientarlo verso una maturazione spirituale.

Il docente seminarista ha spiegato che il Profeta (S) non ha sradicato impulsi come l’orgoglio o la gelosia, ma li ha trasformati in forze spirituali, orientandole verso Dio e sottraendole alla logica tribale e razziale.

Mandegari ha aggiunto che la correzione degli aspetti negativi deve avvenire con gradualità e delicatezza, salvo i casi in cui la condotta profetica ha previsto un intervento immediato, come nel caso dell’infanticidio femminile.

Egli ha inoltre sottolineato che il giovane è assetato di rispetto e incoraggiamento, e che il Profeta (S) iniziava sempre con la conferma e la valorizzazione.

Mandegari ha denunciato le fonti ingannevoli — sistemi di potere, modelli sociali e retoriche persuasive — che promettono di soddisfare i bisogni umani, ma in realtà li manipolano per ottenere adesione, dipendenza o consenso. Ha richiamato il versetto 22 della Sura Ibrahim, dove Satana confessa: «Qual potere avevo mai su di voi, se non quello di chiamarvi? E voi mi avete risposto» — smascherando così la dinamica dell’inganno fondato su illusioni e promesse menzognere.

Egli ha affermato che anche oggi esistono due fonti per la soddisfazione dei bisogni dei giovani: una che promette sincerità, garanzia e rispetto, e un’altra che mente, inganna e umilia. A suo dire, il recente vertice di Sharm el-Sheikh è un esempio evidente di questo secondo tipo.

Mandegari ha ribadito che la libertà assoluta non esiste, poiché l’essere umano è per natura bisognoso. La vera libertà si ottiene nella servitù verso Dio, che libera dai vincoli di fama, potere e ricchezza.

Mandegari ha citato una testimonianza del martire Qasem Soleimani, che dichiarava: «Non ho mai avuto paura di nessuno, se non di Dio» — segno di una libertà che nasce dalla sottomissione consapevole al Vero.

Mandegari ha ricordato le parole del profeta Adamo rivolte al profeta Mosè (A), in cui descrive Satana come maestro nell’arte di abbellire l’apparenza e celare la corruzione interiore. Ha citato la Guida Suprema, che ha paragonato le promesse dell’America a «un artiglio d’acciaio in un guanto di velluto», denunciando come tutte le ferite inflitte al popolo iraniano negli ultimi quarantasette anni siano riconducibili agli Stati Uniti e ai suoi alleati.

Ha poi richiamato un’ulteriore strategia dell’inganno satanico, segnalata da Adamo: lo sfruttamento dei mediatori di valore. Satana contrappone l’idolo al culto divino, e al profeta Mosè oppone il Samiri, artefice del vitello d’oro; oggi i suoi seguaci manipolano ciò che per il popolo è sacro — il martirio, il pulpito, la memoria dei giusti — fabbricandone versioni contraffatte per sviare le coscienze.

Mandegari ha esortato i religiosi — vicari del Profeta nel compito di guida — ad accogliere i giovani con cuore aperto, riconoscendone slanci e fragilità, per condurli con empatia, sapienza e fermezza verso la maturazione spirituale.

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