Agenzia Hawzah News – Le recenti dichiarazioni del presidente statunitense Donald Trump, che in un’intervista ha definito Israele «forza per procura» degli Stati Uniti, segnano una svolta retorica dirompente. Per la prima volta, un leader americano ammette apertamente ciò che per decenni era stato negato: l’alleato privilegiato di Washington in Medio Oriente agisce come proiezione diretta della potenza statunitense nella regione. Lo ha dichiarato ieri, domenica 19 ottobre 2025, in un’intervista al programma settimanale Sunday Morning Futures su Fox News, nel contesto del cessate il fuoco di Gaza.
Per anni, la retorica occidentale ha accusato l’Iran di condurre guerre per procura, dipingendolo come il principale destabilizzatore attraverso il sostegno a movimenti di resistenza in Libano, Iraq, Siria o Yemen. Ora, con una sola frase, Trump ha scoperchiato l’ambiguità di questa narrativa: se Israele è il “proxy” americano, allora la logica delle guerre per procura non è un’eccezione iraniana, ma un meccanismo strutturale della politica di potenza.
La portata di questa ammissione è duplice:
- sul piano politico, legittima implicitamente la strategia iraniana di sostegno a forze alleate nella regione, poiché risponde a una dinamica già praticata dagli Stati Uniti;
- sul piano storico, evidenzia il paradosso di accusare Teheran di “ingerenza” in un’area che da secoli appartiene alla sua sfera naturale di influenza, mentre la presenza americana è recente e si è consolidata solo dopo la Seconda guerra mondiale.
In sostanza, le parole di Trump ribaltano la prospettiva: ammettono che da quasi ottant’anni gli Stati Uniti hanno un “proxy” che minaccia direttamente l’Iran e i paesi della regione. Ammesso e non concesso che Teheran abbia mai avuto proprie forze per procura, la sua posizione risulterebbe non solo comprensibile, ma pienamente legittimata dal precedente americano.
Mostafa Milani Amin
Your Comment