Agenzia Hawzah News – Nel corso della cerimonia di chiusura del convegno internazionale “I diritti del popolo e le libertà legittime nel pensiero dell’Ayatollah Khamenei”, svoltosi il 12 Azar 1404 (3 dicembre 2025) a Teheran presso il Centro Congressi della Radio e Televisione di Stato iraniana, l’Ayatollah Seyyed Mohammad Reza Modarresi‑Yazdi, membro del Consiglio dei Guardiani della Costituzione della Repubblica Islamica dell’Iran, ha posto al centro del suo intervento il tema della libertà e dei diritti umani, contrapponendo con forza la prospettiva islamica alle rivendicazioni dell’Occidente.
Modarresi ha sottolineato che la consultazione costituisce uno dei principi fondamentali dell’Islam, sancito dal sacro Corano: «E [i credenti] le proprie questioni le decidono mediante consultazione tra di loro» (Sura al‑Shūrā, 42:38). Persino il Profeta dell’Islam, pur essendo il sommo intelletto, fu incaricato di consultarsi e confrontarsi con la comunità. Nelle battaglie di Badr e Uhud accettò l’opinione della maggioranza, finché non contrastava con un comando divino. Questo dimostra come l’Islam riconosca agli esseri umani il più alto livello di libertà, ponendo limiti soltanto per tutelare una libertà autentica, ragionevole, razionale e orientata al bene.
L’Ayatollah ha evidenziato come molte delle restrizioni imposte alle comunità precedenti siano state rimosse dall’Islam, che ha reso lecite le cose pure e proibito le impure, semplificando così la vita dei credenti. Ha quindi rivolto una critica severa alle pretese di libertà dell’Occidente, accusando i Paesi occidentali di esibire al mondo un simulacro di libertà mentre, in realtà, sottopongono popoli come quelli di Siria, Libano e Gaza a bombardamenti, assedi economici e privazioni. «Non è forse questa una palese violazione dei diritti umani?» ha ammonito.
Modarresi ha denunciato che le organizzazioni internazionali, pur proclamandosi paladini dei diritti umani e delle donne, trasformano la difesa dei diritti in uno strumento di pressione politica, senza offrire alcuna protezione concreta. Ha quindi auspicato che studiosi e intellettuali dei seminari e delle università smascherino con rigore tali contraddizioni, affinché la società possa crescere in consapevolezza e non restare vittima di soprusi.
Riguardo alla filosofia delle norme islamiche, ha chiarito che i limiti sul lecito e sull’illecito, sui guadagni scorretti e sull’hijab non nascono da durezza, ma dalla volontà di custodire la vera libertà. Le donne che indossano il velo, ha detto, difendono dignità e libertà, liberandosi dalla schiavitù delle passioni e dagli sguardi impropri. Anche gli uomini sono tenuti a osservare i limiti divini, garantendo per sé il bene di questo mondo e dell’altro.
Infine, ha ribadito che la vera libertà si realizza soltanto nella servitù verso Dio e che la pietà (taghwā) è la chiave per liberarsi da ogni forma di schiavitù. All’ombra della pietà l’uomo ritrova dignità, si affranca dalle passioni e conquista la vera libertà. Solo così può ottenere la felicità terrena e ultraterrena, raggiungendo la perfezione del suo essere.
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