Agenzia Hawzah News – Tra le conseguenze più significative dell’operazione “Tempesta al-Aqsa”, avvenuta il 7 ottobre 2023, vi è il rinnovato interesse per la “teologia della resistenza” da parte di pensatori e studiosi delle scienze islamiche e umane. Un concetto che, pur non nuovo, continua ad attrarre riflessioni specialistiche e tentativi di diffusione sociale.
Un punto di svolta
Secondo il giornalista Danyal Basir, la vittoria morale del popolo di Gaza — iniziata con la Tempesta al-Aqsa e proseguita con una resistenza straordinaria contro l’occupazione israeliana — può essere letta come manifestazione concreta della teologia della resistenza. Basir sottolinea che questa teologia si fonda su tawhid, fede in Dio e certezza nell’aiuto divino, e poggia su pilastri teologici, gnoseologici, antropologici e cosmologici che meritano attenzione specifica.
Il primato della teologia
Basir evidenzia che il cuore della teologia della resistenza è la sovranità divina in ogni ambito della vita, la fiducia nella provvidenza e la ricerca del compiacimento divino. I maestri ispirati dal Corano e dagli insegnamenti degli Imam hanno insegnato che chi si affida a Dio è destinato alla vittoria.
Libertà e responsabilità
Sul piano antropologico, la teologia della resistenza valorizza libertà e responsabilità, in contrasto con visioni contemporanee come la teologia della liberazione, dove l’uomo prende il posto di Dio. Qui, invece, la lotta è tra volontà e determinazioni: chi ha più fermezza, prevale. Se la società si muove verso il cambiamento, il fronte della verità si rafforza.
Giustizia contro il dominio
La visione cosmologica della teologia della resistenza si fonda sulla giustizia e sulla lotta contro ogni forma di oppressione. La resistenza è una risposta legittima al dominio del falso, e il suo esito è onore e vittoria. Il Corano, nella Sura Āl ʿImrān, versetto 146, celebra la fermezza dei profeti e dei loro compagni, amati da Dio per la loro pazienza.
Un modello di coesione
Secondo l’Hujjat al-Islam Muhammad Kashizadeh, membro del corpo accademico del Centro per la Cultura e il Pensiero Islamico, la teologia della resistenza, fondata sul tawhid e sulla wilaya, può offrire un modello di coesione nazionale. A differenza delle unità reattive e temporanee, essa garantisce continuità identitaria e sociale grazie alla wilayat al-faqih, intesa come prolungamento della sovranità divina.
Islam e identità nazionale
Questa visione può generare una forma di nazionalismo islamico, non basato su etnia o interessi contingenti, ma su fede, razionalità religiosa e legame storico con la guida divina. In tal modo, la teologia della resistenza risponde sia alle minacce esterne sia alla necessità di costruire una civiltà islamica duratura.
La prova della guerra
Kashizadeh cita come esempio concreto la valorosa resistenza del popolo iraniano durante la guerra dei 12 giorni con il regime israeliano. Nonostante le pressioni esterne, la coesione nazionale non solo è rimasta intatta, ma ha rafforzato la profondità strategica della Repubblica Islamica. La resistenza iraniana non può essere compresa senza considerare il ruolo centrale della wilayat al-faqih.
Conclusione
La teologia della resistenza, tornata al centro del dibattito islamico dopo la Tempesta al-Aqsa, si configura come una visione integrata che unisce tawhid, guida sapienziale e giustizia sociale. Dai profeti celebrati nel Corano alla fermezza del popolo di Gaza, fino alla coesione strategica della Repubblica Islamica, essa mostra come la sovranità divina possa tradursi in forza storica e capacità di costruzione. In contrasto con approcci che separano fede e politica, questa teologia propone una grammatica alternativa per pensare il futuro: radicata nella fede, capace di generare resistenza, orientamento e speranza.
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