Agenzia Hawzah News – Parlando ai responsabili provinciali della divulgazione religiosa, l’Ayatollah Abbas Ka'bi ha delineato i fondamenti spirituali, culturali e geopolitici della rivoluzione islamica, sottolineandone la natura fatimiana e la sua opposizione strutturale al sistema di dominio globale.
Nel contesto della concomitanza tra le giornate del Fatemiyeh (periodo commemorativo del martirio di Fatima Zahra) e il 13 Aban (Giornata nazionale della lotta contro la tirannia globale), registratasi quest’anno, Ka'bi ha evidenziato l’analogia tra la resistenza solitaria di Fatima Zahra (A) contro l’ingiustizia e la posizione dell’Iran rivoluzionario contro l’imperialismo. Ha definito la rivoluzione islamica una prosecuzione del cammino fatimiano e husayniano, fondata sulla difesa della verità, della giustizia e della wilayah.
Ka'bi ha aggiunto che l’inimicizia degli Stati Uniti verso l’Iran non è episodica ma strutturale, poiché la rivoluzione islamica rappresenta un progetto divino, valoriale e civilizzante, alternativo all’ordine egemonico occidentale. Ha spiegato questa tensione con un esempio: due negozi nello stesso quartiere, uno arrogante e oppressivo, l’altro giusto e solidale — il primo non tollera il successo del secondo e cerca di ostacolarlo. Così, il sistema di dominio globale non accetta la nascita di una civiltà fondata su giustizia e dignità.
Ka'bi ha ripercorso le strategie statunitensi nel dopoguerra e nel mondo post-bipolare, evidenziando come ogni nazione che abbia scelto un percorso indipendente sia stata sottoposta a pressioni, guerre o destabilizzazioni. Tuttavia, ha affermato, l’Iran ha resistito grazie alla forza della sua struttura e alla volontà del suo popolo. La sconfitta delle opzioni militari ha spostato il confronto sul piano della resistenza e della volontà.
Ha poi denunciato le strategie nemiche volte a generare sfinimento, sfiducia e senso di impotenza nella popolazione, per indurla alla resa. Ha tuttavia ribadito che la rivoluzione islamica ha saputo sfidare l’egemonia unipolare americana, e che oggi il vero campo di battaglia è quello della resistenza spirituale e culturale.
Riferendosi al concetto di “soft power” elaborato da Joseph Nye, Ka'bi ha sottolineato che il futuro appartiene a chi saprà proporre un’alternativa ideologica credibile. In questo senso, ha affermato, la rivoluzione islamica è l’unica forza globale capace di offrire un modello valoriale alternativo.
Ha poi analizzato il mutamento della geografia del potere: con l’ascesa dei paesi emergenti dell’Est e il declino relativo degli Stati Uniti, l’ordine mondiale è in trasformazione. In questo scenario, l’Iran deve rafforzare le sue infrastrutture culturali — scuola, moschea, famiglia, rete religiosa — per offrire speranza reale e consolidare la propria posizione.
Infine, ha citato esperienze iraniane di innovazione tecnologica e produzione nazionale, come l’incontro con giovani attivi nel settore elettronico, sottolineando che la capacità interna e la formazione spirituale sono le chiavi per affrontare le pressioni esterne.
«Nessuna potenza può spezzare la volontà del popolo iraniano», ha concluso.
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